
IL LENTISCO IN SARDEGNA
Se parli di lentisco, parli di Mediterraneo



Il lentisco nella tradizione
Ha accompagnato la vita dei sardi da millenni, è stato un alimento, un farmaco naturale, uno strumento di guarigione e purificazione, un utensile: è il lentisco, su moddizzi in lingua sarda, una pianta dall’aroma inconfondibile che fa parte della vita quotidiana delle nostri genti.
C’è chi ne usava le foglie per combattere la sudorazione dei piedi, chi con il legno rosa creava manufatti pregiati. Se scoppiava un incendio, le sue frasche servivano a spegnere le fiamme, perché non temevano il fuoco. L’olio di lentisco alimentava anche le lanterne che illuminavano le brevi notti dei nostri avi. All’alba, prima di cuocere il pane, le donne ripulivano il forno caldo con una scopa di frasche di lentisco; e quando arrivava il caldo dell’estate le sostanze volatili emanate dall’olio tenevano lontane mosche e zanzare.
Il lentisco fra medicina popolare e riti magici
Quando qualcuno soffriva di reumatismi, pativa un’infiammazione, aveva ferite, tagli o punture di insetto, spesso si affidava al lentisco per trovare sollievo. Gli anziani raccontano che le fibre resinose della corteccia acceleravano la guarigione delle ferite, mentre l’olio dava sollievo ai muscoli e alle articolazioni dopo un trauma.
Tanti anziani poi, giurano che l’olio di lentisco abbia mitigato i reumatismi dopo solo un mese. E sono diversi i libri sulla medicina popolare sarda, anche non recenti, che raccontano questi usi.
Nella ricchezza di figure mitologiche sarde, fra cogas, bruxiasa, formule magiche e riti sciamanici, il lentisco poteva accompagnare i rituali delle brebadore, guaritrici con il dono delle preghiere (brebusu), a cui spesso le si affidavano per ritrovare la salute. L’olio veniva accostato al fuoco per prenderne i poteri: così, poteva combattere il fuoco di Sant’Antonio e le infiammazioni. Questo rito antichissimo celebra l’avvento del fuoco, che Dioniso donò all’uomo dopo essere sceso agli inferi per rubarne una scintilla al diavolo. In epoca cristiana Sant’Antonio Abate sostituì la figura di Dionisio.
Il rito è vivo ancora oggi in gran parte dei centri rurali dell’isola, anche se ha cambiato pelle. Il 16 e il 17 gennaio, in occasione dei fuochi in onore di Sant’Antonio Abate, nelle piazze e periferie dei paesi sardi, l’olio di lentisco e il fuoco ritrovano il loro antico, indissolubile legame. Lo stesso potere di guarigione dalle affezioni infiammatorie era riconosciuto anche a una pratica che si tramanda dalla preistoria: consisteva nello far scoccare da una pietra focaia una scintilla che, col potere dell’intento e recitando “brebusu”, nel cadere nell’olio, gli conferiva il potere del fuoco per sconfiggere il fuoco.
L’olio di lentisco, un alimento generoso
Fino a pochi decenni fa, aprendo la dispensa di una casa in Sardegna, non potevi essere certo di trovare una bottiglia di olio di oliva. Chi non aveva uliveti, o chi era troppo povero per comprarlo, compensava la mancanza dell’olio di oliva con l’olio di lentisco.
La raccolta a mano era faticosa, in una giornata di lavoro non si produceva neanche un litro di olio, la spremitura a caldo lunga e laboriosa: e l’olio che se ne ricavava era forte, acre, proprio a causa della spremitura a caldo. Prima di usarlo, le donne mettevano a scaldare l’olio in una padella e ci buttavano dentro un pezzetto di pane per assorbirne il sapore acre: i bambini, li attorno, non vedevano l’ora di divorare quel pezzetto di pane, perché il pane era prezioso e l’olio di lentisco gli dava un gusto irresistibile.
Non era raro, poi, trovare dei fichi a macerare dentro l’olio di lentisco: anche così i nostri avi rendevano dolce quell’olio tanto prezioso, che nutriva le persone quando l’olio di oliva era un lusso per pochi.
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